Porno tax o tassa etica: anche i forfettari di Onlyfans sotto la lente dell’Agenzia delle entrate

L’Agenzia delle Entrate ha fatto chiarezza sull’applicazione della cosiddetta “tassa etica”, il prelievo aggiuntivo del 25% sui ricavi derivanti dalla produzione di materiale pornografico.

Attraverso la risposta a un interpello, l’Agenzia ha stabilito che anche i contribuenti con Partita IVA in regime forfettario sono tenuti al versamento di questo tributo, in quanto non ne sono esclusi per legge. Questa precisazione ha un impatto diretto su chi genera profitti tramite piattaforme digitali, come ad esempio i creator su Onlyfans.

La normativa si applica a chi svolge attività di produzione, distribuzione o vendita di materiale contenente atti sessuali espliciti non simulati.

Tuttavia, il contribuente che ha posto l’interpello ha sollevato un’obiezione formale, denunciando una “lacuna normativa”. Secondo la contestazione, l’assenza di codici tributo specifici per i forfettari rende l’obbligo di versamento ambiguo e inapplicabile.

L’Agenzia ha comunque controbattuto, chiarendo che il regime forfettario, pur essendo agevolato, non sostituisce questa tassa specifica. Nonostante il chiarimento, l’Agenzia delle Entrate ha lasciato un dubbio interpretativo significativo sul confine tra ciò che è o non è considerato “pornografico”.

Questa mancanza di definizione precisa solleva interrogativi sull’applicabilità pratica del balzello a contenuti borderline.

La “Pornotax” ha una storia controversa in Italia, essendo stata proposta e ritirata più volte a partire dal 2002. Attualmente, diversi esponenti politici, tra cui membri di Azione, ne chiedono la cancellazione, definendola una misura “immorale” che tassa attività legali.

La polemica è destinata a continuare, dividendo l’opinione pubblica tra chi vede la tassa come un risarcimento etico e chi come una distorsione fiscale. L’incertezza normativa continua a gravare sul settore della produzione di contenuti per adulti.